Il tesoro dei Del balzo: l'eredità di Casaluce a Raimondo degli Orsini nell'anno 1373

Riferimento: 9788872970010

Editore: ABE
Autore: Bascetta Arturo, Cuttrera Sabato
In commercio dal: 22 Febbraio 2022
Pagine: 128 p., Libro in brossura
EAN: 9788872970010
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Zio Raimondo I del Balzo, gonfaloniere della Chiesa e contestabile regio, da ex Dux venosino e Conte di Avellino (1343), già a suo tempo aveva acquisito e conquistato molti feudi in nome della Regina Giovanna I, compresa la contea di Civitate Conzana. Stando alla tradizione, appena scoccato il nuovo anno, nel 1373, Zio Raimondo I, signor vecchio, e di santissima vita, passò all'altro mondo. Il nipote di Carlo II, per parte di madre, fu sepolto in S. Chiara. Di certo l'affresco del tabernacolo di Casaluce di Aversa fu eseguito quando Raimondo era anziano, idem il sepolcro napoletano di s. Chiara, con dettagli simili. Per la sua morte la Regina Giovanna ne prese dolor infinito, affidando l'ufficio di Gran Camerlengo a Giacomo Arcuccio da Capri. Certo è che fu un uomo ricco e prudente, originario di Cerignola e padrone di molte altre Terre, ma non di carattere come il Duca d'Andria, il quale, a furia di agitarsi, si ritrovò sempre più solo, in merito all'eredità del primo ministro Raimondo del Balzo, dilecto filio nobili viro Raymundo de Baucio militi Soleti Regni Sicilie Cameriario, mutatis mutandis, diede ordine agli eredi ufficiali, e non ad altri, di cambiare le cose da cambiare. Raimondo del Balzo, finito per diventare potentissimo, con il favore del Papa, rimasto senza figli, non aveva fatto testamento a beneficio di Francesco, ma di Nicola Orsini, figlio della sorella Sveva detta Sibilla vedova di Roberto Orsini. Lui era stato un buono, come quella volta che, presa Galatina (1355), donò i privilegi alla città, poi confermati proprio dall'erede Nicola Orsini, nel 1375, stando a quelle pergamene, quando, da Comite ereditario di Soleto, dispensò grazie alla stregua dei predecessori, divenendo perfino patrizio romano, allorquando il pontefice cambiò nuovamente sede e tornò da Avignone a Roma. Con quella dipartita, però, oltre che a Nicola Orsini, solo a Giovanni del Balzo furono restituite dal vescovo di Benevento, su ordine del congiunto Filippo del Balzo Imperatore di Costantinopoli, almeno la Contea di Civitate Avellino e la Contea di Civitate Conzana, ma questo a far data dal 1372, a pace di Avignone avvenuta, quando gli stati dei due conti finiranno nella provincia delle Terre Beneventane. L'eredità del vecchio Raimondo del Balzo, che secondo alcuni perì almeno tre anni prima, nel 1372, o nel 1370 per il sepolcro comune e postumo, forse per essere stato troppo amato da tutti, fu causa di troppe discordie in quei due, tre anni successivi. Non restava che una prece nella settima cappella di sinistra della basilica di S. Chiara a Napoli, avendo lasciato per sempre il più comodo Castello di Casaluce, presso Aversa. Il caro estinto, Don Raimondo, nel donare tutti i beni al figlio della sorella, procurò una lotta dinastica improvvisa, spostando le ricchezze dalla casata del Balzo a quella degli Orsini, rappresentata appunto dal giovane nipote. Ed è proprio lui, Nicola di Nola, per i suoi immensi territori, a divenirne anche successore Gonfaloniere della Chiesa, messo subito alla prova, al ritorno del Papa, per la riconquista prima provincia da rifondare ricostituendo il disperso patrimonio di s. Pietro, quello che finirà nelle mani prima di Roberto II Orsini, primogenito sposo di una Margherita Sanseverino, e poi di Raimondo II Orsini (1361-1406), secondogenito, che portò il nome dello zio materno. È questa la storia del tesoro del generale del Balzo, con cui l'erede Orsini, vicario papalino di Matera, divenne Principe di Taranto e Conte di Lecce: uno stato nello stato, il feudo più grande del Regno, quello che aveva inizio a Salerno e fine sul Gargano.
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